Articolo di Gloria Belà del 09/04/2024
L’identità sessuale e l’orientamento sessuale
Cosa si intende per identità sessuale?
L’ identità sessuale è vista come un costrutto multidimensionale da Shively e De Cecco (1977) che ne distinguono quattro componenti:
sesso→ dimensione biologica rispetto ai genitali;
ruolo o espressione di genere→insieme delle norme sociali e delle aspettative culturali relative a come ogni persona debba essere, apparire e comportarsi in una data cultura e in un dato periodo storico in relazione al genere di appartenenza;
Identità di genere→risponde alla domanda: “come mi percepisco?”e rappresenta il senso di appartenenza di un essere umano al genere maschile, femminile o non binario con il quale la persona si identifica.
Ve ne sono diversi tipi:
- CISGENDER: persona che si identifica con il genere conferito alla nascita;
- TRANSGENDER: identità di genere diversa da quella assegnata alla nascita;
- BIGENDER: soggetto che avverte di appartenere sia al genere femminile che al genere maschile;
- GENDERFLUID: persona che fluttua da un’identità di genere all’altra;
- PANGENDER: identificazione con più identità di genere;
- AGENDER: assenza della percezione personale dell’identità di genere.
Orientamento sessuale→Esso si forma a partire dall’intreccio di fattori biologici, psicologi e sociali e si riferisce all’attrazione affettiva e sessuale da parte di un individuo verso altri soggetti che possono essere del suo stesso sesso (orientamento omosessuale), del sesso opposto (orientamento eterosessuale) o di entrambi.
“Le attrazioni, i comportamenti e gli orientamenti sessuali verso persone dello stesso sesso sono di per sé normali e positive varianti della sessualità umana – in altre parole, non indicano disturbi mentali o evolutivi” (APA 2009, p. 63).
FOCUS SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE E LA DISFORIA DI GENERE:
La disforia di genere in età evolutiva è una condizione in cui un bambino sperimenta disagio a causa di una
mancata corrispondenza tra la sua identità di genere e il sesso biologico assegnato. Essa può manifestarsi
intorno ai 2-3 anni e, in alcuni casi, più tardivamente attorno ai 3 e i 5 anni.
Solitamente nei bimbi, le manifestazioni comuni sono:
-desiderio di svegliarsi trasformati nell’altro sesso;
-predilezione per il travestimento e per le attività collegate all’altro sesso.
Nel DSM-5, la disforia di genere si presentava con i seguenti criteri:
-una marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso da un individuo e le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie. Nel caso di giovani adolescenti, ci si riferisce alle caratteristiche sessuali secondarie attese
-un forte desiderio di liberarsi delle proprie caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie a causa di una marcata incongruenza con il genere esperito/espresso di un individuo. Nei giovani adolescenti, un desiderio di impedire lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie attese
-un forte desiderio per le caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie del genere opposto
-un forte desiderio di appartenere al genere opposto, o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato
-una forte convinzione di avere i sentimenti e le reazioni tipici del genere opposto, o a un genere alternativo diverso dal genere assegnato.
Per la diagnosi è necessario che si manifestino almeno 2 dei criteri sopra citati. In Italia, la disforia di genere è stata riconosciuta per la prima volta nel 1982 con la legge n. 164, che ha introdotto la possibilità di modificare il sesso anagrafico delle persone transgender seppur ciò fosse subordinato all'intervento chirurgico di riassegnazione del genere. Fortunatamente, La sentenza n. 15138/2015 della Corte di Cassazione ha affermato che il trattamento chirurgico di demolizione degli organi sessuali non è indispensabile per rettificare l’attribuzione di sesso
Quale è il mio ruolo in quanto psicologo? la disforia di genere è spesso accompagnata a fenomeni di bullismo e discriminazione attiva e passiva e, i soggetti implicati, possono sperimentare:
- problemi alimentari;
- disturbi dell’umore;
- disturbi d’ansia;
- abbandono scolastico;
- tentativi di suicidio.
Risulta, quindi, fondamentale un intervento che preveda l’uso di strumenti adeguati e un atteggiamento non solo empatico, ma quanto più inclusivo, sottolineando il costrutto chiave secondo il quale noi psicologi non siamo i detentori dell’identità della persona, quanto piuttosto, accompagnatori della persona. Il nostro ruolo, infatti, è quello di accompagnare la persona a mettere in luce l’identità che è più consona al suo benessere.